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Un argomento discusso in TV e sui social in questi giorni è l’impossibilità di poter accedere ad un apparecchio cellulare come l’Iphone se il proprietario non è più in vita per poter fornire la password di sblocco.
Anch’io ho settato il mio iphone per inizializzarsi – cancellando tutto il suo contenuto – se vengono digitati codici di sblocco errati per 10 volte.
E’ una sicurezza che Apple fornisce per evitare che il cellulare, eventualmente smarrito o rubato, possa permettere a terzi l’accesso a tutti i contenuti foto e documenti, spesso sensibili o comunque molto personali.
Personalmente ritengo che in caso di richiesta di un organo investigativo e con apposito mandato del Giudice il contenuto del cellulare di un soggetto vittima di un reato debba diventare accessibile per permettere agli inquirenti di ottenere informazioni basilari ed importanti per le indagini.
E’ evidente che il braccio di ferro APPLE / FBI voglia tranquillizzare tutti sulla inviolabilità dell’apparecchio posseduto.
Vado oltre.
Con il moltiplicarsi di cellulari, tablet, applicazioni, documenti on line, iscrizioni a siti, social ecc. e quindi con il moltiplicarsi delle password di accesso a tutto questo materiale digitale, credo che sia fondamentale che ognuno di noi si ponga il problema di permettere o meno l’accesso a tutti i propri dati o ad una parte di essi, in caso di prematura scomparsa (tocchiamo tutti ferro ovviamente).
E cosa se non un “testamento informatico” potrebbe risolvere il problema?
Se ognuno di noi chiudesse in una busta le proprie password e tenesse aggiornato il documento, oppure si servisse delle innumerevoli possibilità di salvare le proprie password in modo digitale e fornisse la password di sblocco a persona di sua fiducia lasciando scritto il destino ultimo dei propri dati, avremmo già risolto ogni problema.
Non a caso Facebook ha già previsto apposita sezione in cui dichiarare cosa vogliamo sia fatto del nostro profilo in caso di dipartita.
Possiamo infatti sceglierne la cancellazione oppure nominare apposita persona “erede” del nostro profilo.
Lo so che pare brutto ma credo che anche il Garante della Privacy dovrebbe iniziare a porsi il problema e, così come obbliga le aziende a determinati comportamenti per la sicurezza degli archivi digitali e della conservazione delle password, dovrebbe prevedere analoghe disposizioni per i privati cittadini.
Per quanto mi riguarda mio marito conosce il mio codice di sblocco del cellulare ed io il suo (che fiducia vero?) e ho già proveduto a comunicare a Facebook che cosa voglio per il mio profilo… tutto il resto morirà con me… e sto toccando ferro.
Concludo con una considerazione che esula da qualsiasi archivio digitale: quando una persona se ne va, che sia o meno tecnologica, se ne vanno tutti i ricordi, ed è una perdita immensa.
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