La nursery

Anna Geddes
Se non hai letto l’inizio eccoloL’inizio della vita

La Nursery
 
Tuo padre osserva, un passo indietro, i parenti appiccicati al vetro della maternità, lui ti ha già visto, anche se non ti ha potuto toccare.
Le madri allattano in solitudine, per pudore, riservatezza, regole ospedaliere.
Quel vetro è la finestra sui neonati, stanno allineati in file ordinate dentro a piccole culle di metallo.
Tuo padre, dicevo, sta gongolante e sorridente dietro a quel vetro e ti indica agli altri osservatori con il lungo e saettante indice, quell’indice nodoso e così caratteristico.
 “Quella è mia Figlia” dice orgoglioso a tutti e tutti naturalmente a complimentarsi. “Tu eri la più bella” ti avrebbe ripetuto negli anni a venire. “Eri bianca e rosa e non mostravi nessuna sofferenza apparente per quel parto così lungo e difficoltoso”
La tua bocca si apre affamata, le tue braccia si agitano in aria, lungo un polso un segno scuro, tua madre ti ha fatto quel segno con una matita copiativa in sala parto, un segno che deve servire ad essere certi che nessuno possa scambiarti nella culla.
Già la paura di qualcosa ha segnato la tua nascita. E’ solo l’inizio.
Meno male che tuo padre sorride.
L’amore di una madre non è mai scontato, l’amore di una madre è molto sfaccettato, l’amore di una madre non si conquista, ma tu ancora non lo sai, l’amore di una madre c’è o non c’è, difficilmente ci sono mezze misure. L’amore di una madre si manifesta con mille sfumature ed è condizionato dal vissuto di questa madre e dal suo carattere. I figli non si devono meritare questo amore, ma tu ancora non lo sai.
Tua madre ha passato una gravidanza abbastanza tranquilla, fino ad una minaccia d’aborto, scongiurata con un riposo forzato.
Quello che invece ha minato probabilmente questa gravidanza è che è accaduta troppo in fretta.
Il concepimento deve essere avvenuto subito e la paura è che tu potessi nascere prematura, la nonna diceva a tua madre: “Se nasce prima del termine chissà cosa dirà la gente, dirà che ti sei sposata incinta”.
Stupide paure, stupidi condizionamenti, stupido pensare a queste cose, ma sono gli anni sessanta e queste cose contano.
Sembra quasi tu avessi già capito quante cose dipendevano da te, e hai tenuto duro, i nove mesi canonici, arrivando puntuale alla scadenza, salvando la faccia a mamma e nonna.
Una paura superata.
Un’altra paura.
Hai già cominciato a guadagnarti il tuo posto nel mondo.
Sei stata brava.

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